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L’Italia deve garantire l’evidenza di tali pagamenti in conformità alla nuova direttiva sulla trasparenza
Secondo gli atti di un caso recentemente al vaglio della High Court del Regno Unito, la società italiana Eni S.p.A. era a conoscenza che il pagamento di 1,1 miliardi di dollari (effettuato in solido con Royal Dutch Shell plc) sarebbe finito su un conto controllato da Dan Etete, ex ministro nigeriano del petrolio, giudicato colpevole di riciclaggio in Francia nel 2007. Sempre secondo i documenti depositati presso la Corte, un funzionario di Eni incontrò Etete nella sua casa di Lagos nel dicembre 2009 ed Etete potrebbe aver avvicinato funzionari di Eni altre tre volte nel corso dell’anno successivo, incluso un incontro presso l’hotel a 5 stelle Principe di Savoia di Milano.
“Questo scandalo dimostra senza ombra di dubbio il motivo per cui abbiamo bisogno delle nuove leggi per la trasparenza, attualmente oggetto di discussione in sede UE: la loro applicazione porterebbe finalmente la trasparenza dei pagamenti tra le compagnie petrolifere e i governi. Finora le compagnie petrolifere hanno fatto pressione per attenersi a regole meno vincolanti, che consentirebbero di nascondere tali pagamenti, e per l’esenzione dall’obbligo di dichiararli in alcuni Paesi. Dal momento che il G8 si è preso l’impegno di contrastare la corruzione, il governo italiano è tenuto a sostenere una direttiva specifica in materia, accertandosi che tali pagamenti siano registrati. Occorre poi garantire che nessun Paese ne sia esentato”, ha affermato Simon Taylor, direttore di Global Witness.
Questo caso, Energy Venture Partners v Malabu Oil & Gas, è arrivato dinanzi alla High Court perché un consulente nigeriano lamentava di non essere stato remunerato da Etete per il suo contributo all’organizzazione del pagamento di 1,1 miliardi di dollari per il blocco petrolifero OPL245 nel 2011. L’OPL245 è stato oggetto di controversia fin dall’aggiudicazione a Malabu nel 1998, non da ultimo perché Etete aveva assegnato il blocco a Malabu quando ricopriva la carica di Ministro del Petrolio in Nigeria. Si è sempre ritenuto che Etete controllasse Malabu, sebbene egli abbia negato di esserne il proprietario, sostenendo presso la Corte di essere stato assunto dalla società in veste di consulente soltanto dopo aver lasciato il suo incarico ministeriale.
Anche la posizione di Etete è controversa: nel 2007, in Francia, è stato ritenuto colpevole di riciclaggio, condanna reiterata nel 2009. Durante il dibattimento del caso dinanzi alla High Court del Regno Unito, un testimone ha dichiarato che Etete aveva accettato tangenti e utilizzato false identità per occultare la titolarità del denaro, in seguito utilizzato per acquistare costosi immobili in Francia. Sebbene la colpevolezza di Etete sia stata confermata, secondo i documenti della Corte, dopo l’incontro ufficiale del funzionario Eni con Etete, nell’abitazione di quest’ultimo a Lagos nel dicembre 2009, Claudio Descalzi, Direttore generale di Eni, partecipò a una cena con Etete e altre persone presso il ristorante Acanto dell’Hotel Principe di Savoia di Milano nel febbraio 2010. In base a quanto dichiarato da Malabu, tra aprile e novembre 2010 Etete e i funzionari Eni si sarebbero incontrati altre volte.
A seguito di ulteriori trattative, nell’aprile 2011 Eni e Shell accettarono di pagare 1,1 miliardi di dollari al governo della Nigeria, che a sua volta si era accordato per girare esattamente la stessa somma a Malabu. Global Witness ha motivo di credere che questa operazione fosse architettata per fare in modo che Eni e Shell non risultassero interlocutori di Etete. Gli atti depositati presso la High Court rivelano che in realtà Eni e il suo partner Shell erano preparati a trattare direttamente con Etete e che lo avevano incontrato di persona in diverse occasioni.
Eni ha scelto di non rispondere alle specifiche domande di Global Witness sui presunti incontri tra funzionari Eni ed Etete affermando che “la transazione relativa all’acquisizione del blocco 245 è stata condotta da Eni e Shell nel più totale rispetto delle leggi vigenti”. Ha poi reiterato la sua posizione, sostenendo di aver acquistato il blocco 245 “direttamente dal governo della Nigeria”. Secondo l’opinione di Global Witness, si tratta di una dichiarazione in malafede, poiché il contratto per l’acquisizione del blocco OPL245 è sfociato in un ingente pagamento di cui Eni ben conosceva il destinatario finale, la società di Etete.
Eni ha poi aggiunto: “Riteniamo che il governo di una nazione sovrana non debba essere messo in discussione e che l’aver siglato un accordo direttamente con esso garantisca la completa trasparenza della transazione”. Global Witness è invece del parere che Eni fosse a conoscenza che l’intesa con il governo nigeriano comportava un pagamento a Malabu e contesta il ruolo svolto dal governo in veste di intermediario e facilitatore del pagamento.
Simon Taylor di Global Witness ha aggiunto: “Quanto dichiarato da Eni e Shell, ovvero la completa estraneità a Malabu, non affronta la questione relativa alla conoscenza del destinatario finale del pagamento. Inoltre, le società non spiegano i rapporti diretti, apparentemente non certo occasionali, con Etete e Malabu, compreso un presunto incontro tra un rappresentante di Malabu e alcuni funzionari Eni avvenuto cinque mesi prima della stipula del contratto, nell’aprile 2011. Entrambe le società sembra abbiano gradito le occasioni conviviali piuttosto sontuose in compagnia di Etete e abbiano finito col prendere parte a un'operazione che, in mancanza di una spiegazione più convincente, ha tutta l’aria di essere un tentativo per nascondere il loro contratto da 1,1 miliardi di dollari con il ministro del petrolio di Abacha, colpevole di riciclaggio. Entrambe le società dovrebbero essere messe al bando se tentano di indebolire la nuova direttiva sulla trasparenza della UE. Tutti i Paesi dell’Unione, compresa l’Italia, dovrebbero sostenere senza riserve le leggi sulla trasparenza, in modo tale da portare allo scoperto questo genere di pagamenti”.
Contatti: Simon Taylor: cellulare: +44 (0)7957 142 121; o Thomas Mayne: telefono fisso: +44 (0)20 7492 5864 o cellulare: +44 (0)7939 460357; o Brendan O’Donnell: telefono fisso +44(0)207492 5898 o cellulare: +44(0)7912 517 128